La Biografia
Primo di cinque fratelli Enrico Mattei nasce ad Acqualagna (PS) la sera del 29 aprile 1906, da Antonio e Angela Galbani. La vita della famiglia Mattei procede tranquilla nella caserma dei carabinieri del paese marchigiano.
Enrico frequenta le scuole elementari con poco interesse. È un bambino intelligente ma indisciplinato, refrattario alle regole e alle imposizioni. Nel 1919 la famiglia Mattei lascia Acqualagna e si trasferisce a Matelica. Mattei nel discorso pronunciato nel 1959 all’Università di Camerino, in occasione del conferimento della Laurea ad honorem in chimica, uno dei pochi discorsi contenente cenni autobiografici, ci dice che in un primo momento la scelta era caduta su Camerino.
“A Camerino arrivai tanti anni fa, bambino, su un carro, con mio padre, sottufficiale dei carabinieri ormai in pensione, con mia madre e con i miei fratellini. Mio padre diceva che è brutto essere poveri, perché non si può studiare, e senza titolo di studio non si può fare strada. Così ci portò a Camerino, perché in quella città la vita era a buon mercato e c’erano scuole medie e Università. Girammo col carro in lungo e in largo a cercar casa per noi. Così ce ne andammo; mio padre scrollava il capo, lasciando alle nostre spalle quella città sognata e la speranza di farci studiare. Andammo in un paese non lontano, dove ci trovammo bene; ma Camerino è rimasta nella mia memoria come una cima meravigliosa e troppo alta, la città di quell’amaro rinuncio infantile”.
Enrico però non si trasferisce subito a Matelica, per qualche anno rimane con la nonna Ester Marconi. Finita la scuola elementare Enrico frequenta la scuola Tecnica inferiore a Vasto: successivamente il padre lo manda all’Aquila per frequentare la scuola Tecnica superiore e prendere il diploma. Ma il ragazzo non vuole più studiare. I genitori come ultima speranza lo iscrivono alla scuola Tecnica di Matelica, ma anche questo tentativo non riesce ed Enrico lascia definitivamente la scuola.
Dopo una avventurosa fuga a Roma insieme ad un amico, Mattei comincia a lavorare come garzone in una bottega artigiana, fino a che nel 1923 è assunto come fattorino nella conceria Fiore di Matelica. La cariera qui è molto rapida: fattorino a 16 anni, operaio addetto alla purga delle pelle a 17 anni, tecnico a 18, vicedirettore del laboratorio chimico a 19, direttore a 20. A seguito della chiusura della conceria in concomitanza con la crisi economica del 1929, Mattei parte per il Nord, munito di diverse lettere di presentazione firmate da GIovanni Fiore.
Venditore della Max Mayer per un anno, rappresentante della Lowenthal, importante industria tedesca specializzata nella produzione di prodotti chimici per la conceria. Nel 1931 Mattei progetta di preparare in proprio quei prodotti tedeschi introvabili sul mercato italiano, la cui produzione non comportava tecnologie particolari o sofisticate: nasce l’“Industria Chimica Lombarda grassi e saponi”, produttrice di olii e vernici per concerie.
Nel 1931 insieme al fratello Umberto e alle sorelle Maria e Ester acquista un nuovo appartamento in Piazza Carnaro. Nello stesso stabile abita un altro matelicese Marcello Boldrini. Era giunta finalmente la tanto desiderata agiatezza, Mattei investe il suo denaro acquistando a Matelica una casa per i suoi genitori e in alcune proprietà terriere. Il 29 marzo 1936 sposa, a Vienna, Margherita Paulas, una ballerina della famosa compagnia Schwartz.
L’amicizia con Boldrini influisce molto sulla maturazione della personalità del futuro presidente dell’ENI, ed ha un ruolo determinante nella formazione delle concezioni politiche e sociali e favorisce l’incontro con gli esponenti della Democrazia Cristiana milanese. Boldrini ricorda così quegli anni:
“…un ciclo dei suoi anni è rimasto nell’ombra ed è noto solo a me e a pochissimi altri. Esso è della massima importanza perché ha costituito per lui la svolta decisiva nella formazione politica e sociale. Parlo del periodo 1940-44, quando vivemmo insieme quasi isolati mentre maturavano le sventure della patria… In quegli anni le idee di Mattei cominciarono veramente a modernizzarsi e ad assumere una intensità mobile e profonda. L’idea del mio si venne sfumando in lui e mentre premevano lutti e sventure, cominciò a subentrare nella sua coscienza il pensiero che la rese pubblica ordinata, la comunità fraterna degli uomini, il consenso nei primi principi sono valori di gran lunga preminenti, i quali impegnano non solo lo Stato ma innanzitutto e soprattutto investono la responsabilità del cittadino. Io insegnavo ancora a Milano e nelle ore casalinghe venivo scrivendo uno dei miei soliti libri. Enrico ed Umberto, ai quali fra i miei antichi allievi avevo procurato dei ripetitori, ritornarono giovanilmente agli studi per preparare ed ottenere dopo pochi mesi il diploma di ragioniere”. (10)
Mattei si matura anche politicamente e grazie a Boldrini ha l’occasione di conoscere i maggiori esponenti della resistenza democratico-cristiana. Mattei oramai è pronto per operare concretamente.
Nel 1943 il C.L.N. di Milano, ha costituito il comando militare centrale. Ne fanno parte Pazzi, per il Partito d’Azione, Giulio Alonzi, per il Partito Liberale, Giovanni Citterio, per il Partito Comunista, Giovanni Battista Stucchi, per il PSIUP, e Galileo Vercesi per la Democrazia Cristiana. Dopo l’arresto e la fucilazione di Vercesi (12 marzo 1944), la DC si trovò in grave difficoltà per la sua sostituzione. Orio Giacchi, segretario della DC milanese, propone l’incarico a Mattei. Nel periodo di piena attività dei gruppi partigiani, egli affianca l’opera di Falk nella ricerca di finanziamenti presso industriali e banche, è pure incaricato di amministrare gli ingenti fondi raccolti insieme a quelli inviati dagli eserciti alleati. L’azione di Mattei è veramente incisiva, grazie alla sua attività le forze cattoliche crescono e si rafforzano notevolmente. Questa sua frenetica attività non passa inosservata. Il 26 ottobre 1944 furono catturate una trentina di persone, tra queste c’è pure Mattei. Sono trasportati in una caserma di Como per essere interrogati, Mattei grazie ad un corto circuito, approfittando della confusione riesce a fuggire.
Nella primavera del ’45, il Comando Alleato lancia l’offensiva finale. Il 21 aprile Bologna è libera. Tutti i maggiori centri del nord vengono attaccati dalle formazioni partigiane, prima dell’arrivo degli alleati il C.L.N.A.I. tiene sotto controllo tutti i maggiori centri urbani. Al termine delle ostilità, il comandante delle armate americane operanti in Italia, generale M. W. Clark, attribuisce a Mattei la “Bronze Star” con questa motivazione:
“Enrico Mattei, membro del Quartier Generale del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Italia settentrionale, per azione eroica riguardante le operazioni militari contro il nemico dal 1° marzo al 2 maggio 1945. Malgrado la scarsità delle armi e di equipaggiamento, intralciò sempre il nemico con atti continui di sabotaggio e con attacchi su convogli e truppe. Dimostrando sorprendente abilità e talento, unitamente a grande lealtà ed eroismo nell’effettuare il piano dei Comandi Alleati, egli utilizzò i mezzi a sua disposizione a favore delle Forze Alleate. Il degno contributo alle Forze Alleate dovrà rimanere tra le più gloriose tradizioni di un popolo amante della libertà”.
Il 28 aprile 1945, la Commissione centrale economica del C.L.N.A.I., presieduta da Cesare Merzagora, nomina Mattei commissario straordinario dell’AGIP per l’Italia settentrionale. L’incarico conferito a Mattei è di scarsissima importanza, “secondario e senza avvenire”, un tentativo di toglierlo dalla scena politica. Pochi giorni dopo il conferimento dell’incarico, il 18 maggio 1945, Marcello Soleri, ministro del Tesoro nel secondo governo Bonomi, comunica alla direzione dell’AGIP l’ordine di liquidare l’azienda.
Mattei avvia l’opera di sfoltimento, licenziando numerosi ricercatori e avvia trattative per la vendita degli impianti, con alcune compagnie americane ma, la rilevante cifra, 250 milioni, che queste subito offrono lo insospettiscono. Come lo insospettirono, le centinaia di richieste di permessi di ricerca, per zone adiacenti a quelle in cui l’AGIP aveva trovato metano. Questi elementi e le informazioni dei tecnici dell’AGIP convincono il Commissario a rinviare le trattative per la liquidazione dell’ente. Senza dubbio gli studi effettuati dai tecnici dell’AGIP facevano sperare nel ritrovamento di interessanti giacimenti di idrocarburi nella Valle Padana ed in altre regioni italiane, pur tuttavia si conoscevano perfettamente le difficoltà della loro ricerca e il costo altissimo di quest’ultima. Forse nemmeno a Mattei era chiara la vera potenzialità economica del metano; nella pianura Padana egli cerca e vuole scoprire il petrolio, il metano non fu che un ripiego.
Il nuovo governo Parri annulla le direttive del Soleri. Mattei può attivare la sua prima campagna di perforazioni nel centro di Caviaga, dove i tecnici sperano di trovare idrocarburi in quantità rilevanti; il primo pozzo è scarsamente produttivo. Nonostante questo Mattei, vuole continuare i lavori:
“Ordinai la prosecuzione delle perforazioni ed ebbi la soddisfazione di realizzare le splendide possibilità produttive di quel campo gassifero di Caviaga che fu il primo della fortunata serie di ritrovamenti nella Valle Padana”.
Dopo questi risultati positivi, il Consiglio dei Ministri mette a disposizione dell’AGIP una anticipazione di 600 milioni di lire. Con questi fondi Mattei può rinnovare le sonde di perforazione e le altre attrezzature necessarie per continuare la campagna di ricerca. Nel 1947 lo stesso Consiglio d’Amministrazione dell’AGIP, presieduto da Arnaldo Pedretti, approva la sospensione delle ricerche di idrocarburi in Italia; le ragioni addotte per giustificare tale decisione sono di ordine economico – determinazione del governo di non finanziare nuove ricerche petrolifere – tecnico – magro bilancio dei venticinque anni di ricerche dell’AGIP – e politico – opportunità di abbandonare il campo delle ricerche all’iniziativa privata italiana e straniera, mettendo a disposizione il materiale di studio accumulato dall’azienda dello Stato. L’azione di Mattei è oramai destinata al fallimento, egli tenta l’unica iniziativa ancora percorribile: quella politica.
La nuova crisi politica e l’allontanamento dal governo dei partiti della sinistra, aumentarono l’importanza del ruolo politico di Mattei e gli diedero una nuova possibilità per il salvataggio dell’AGIP.
Nel maggio del 1947 De Gasperi forma il suo quarto ministero, un monocolore di minoranza. Allontanando i social-comunisti dal governo lo statista trentino doveva dimostrare chiaramente l’interclassismo della DC. Aveva di certo bisogno della ricca borghesia lombarda, ma aveva anche la necessità di mostrare una democrazia cristiana impegnata anche a sinistra. E chi meglio di Mattei poteva mostrare tale impegno? Mattei il leggendario partigiano, organizzatore e capo della resistenza cattolica. La Resistenza non doveva rimanere monopolio delle forze politiche della sinistra e Mattei è l’unico uomo capace di rappresentare il partito in questo particolare ambito della vita politica rimasto sempre nell’ombra. A lui è affidato il compito di staccare, in seno all’ANPI, le forze cattoliche da quelle comuniste. Mattei si rimette di nuovo al lavoro con alacrità e ancora una volta ottiene i risultati voluti. Quello che doveva essere il primo congresso unitario della Resistenza – 28 febbraio 1948 – si trasforma in una rissa fra comunisti e gli altri e sfocia nella creazione della Federazione Italiana Volontari della Libertà in aperta contrapposizione all’ANPI. Qualche mese dopo, con la medesima procedura, segue la scissione sindacale.
Mattei decide di impegnarsi attivamente in politica, si presenta alle elezioni del ’48 nella circoscrizione di Milano-Pavia. La sua elezione, non si può definire brillante, è il penultimo degli eletti. Subito dopo il 18 aprile, Mattei raggiunge il suo scopo: il 10 giugno, è convocata l’assemblea dell’AGIP per rinnovare il Consiglio d’Amministrazione, Marcello Boldrini è eletto presidente Enrico Mattei vicepresidente.
Mattei si mette alacremente al lavoro per risolvere i due maggiori problemi dell’ente: l’incremento della ricerca degli idrocarburi in tutta la Valle Padana e la commercializzazione del metano che l’AGIP ha ritrovato e che non riesce a vendere. Mattei affronta il primo problema arrivando un vasto piano di ricerche e ampliando e modernizzando l’intera attrezzatura mineraria dell’azienda. I risultati sono ancora una volta positivi, ora l’AGIP ha a disposizione più gas di quanto ne avrebbe potuto vendere, ma del petrolio ancora nessuna traccia. I gruppi privati, nella primavera del ’49 avviano una campagna di stampa contro l’azienda di Stato. Mattei però è preparato anche a questo ennesimo attacco, aveva in serbo una carta straordinaria: quella del petrolio.
A Cortemaggiore la notte del 19 marzo di quell’anno, dal pozzo n.1 insieme al metano incomincia a sgorgare anche petrolio, un petrolio molto leggero e di grande qualità, ma in quantità modestissima, dieci tonnellate al giorno. Mattei ha tenuto nascosta la notizia per poterla sfruttare in tempi migliori. La comunica alla stampa la sera prima dell’apertura di un Convegno sul petrolio organizzato dalla Confindustria a Padova. Con una sola mossa Mattei riesce a neutralizzare un’accurata campagna di stampa preparata abilmente contro di lui.
Ogni italiano, la mattina di quel 13 giugno, si sente un pò più ricco, ma soprattutto si sente liberato da un senso di defraudazione che lo tormentava da lungo tempo. La scoperta del petrolio nel nostro paese aveva più importanza che in altre nazioni, perché l’Italia era stata da sempre privata di fonti d’energia, il fatto aveva provocato un pesante ritardo nello sviluppo industriale e un distacco incolmabile rispetto alle altre nazioni europee.
Constatato che il petrolio non voleva farsi trovare, Mattei convoglia tutte le sue energie per cercare di vendere quelle enormi quantità di metano che i suoi tecnici continuavano a trovare nella Pianura Padana. Mattei fa elaborare un accurato piano per quantificare i potenziali consumatori del suo gas. Una volta conosciuti i probabili acquirenti, la loro posizione geografica e il consumo potenziale, da l’avvio alla costruzione dei metanodotti. Questa decisione avrebbe spaventato anche il più spregiudicato degli imprenditori. La legge italiana non prevedeva l’obbligo del diritto di passaggio per i metanodotti, si doveva perciò trattare caso per caso con tutti i proprietari dei fondi attraversati, con gli enti pubblici: mesi e mesi di trattative esternamenti e dispendiose. Mattei non fa niente di tutto questo; prima posa le sue tubazioni poi tratta. Le squadre della SNAM effettuavano i lavori, per la maggior parte, di notte; al mattino il lavoro era così avanzato da rendere inutili le proteste. Il caso dell’attraversamento di Cremona è tipico di questo modo di operare.
Fin dal 1949 la SNAM collega le industrie del bergamasco con Caviaga, nel 1949 è completato il metanodotto Caviaga – Sesto San Giovanni – Milano. I lavori divengono frenetici negli anni cinquanta. Il sistema di condotte della SNAM e dell’AGIP, che nel 1949 hanno uno sviluppo di 257 chilometri e un diametro di 96 mm, passano in ciascuno degli anni successivi a 373 Km e 121 mm; a 706 Km e 135,5 mm; a 1268 Km a 179 mm; a 2064 Km a 179 mm.
Negli stessi anni sono trasportati, rispettivamente, 20 milioni, 104 milioni, 306 milioni, 780 milioni, 1 miliardo e 200 milioni di metri cubi di metano. Alla fine del 1952 sono approvvigionati di gas naturale le città di: Milano, Pavia, Novara, Varese, Bergamo, Lecco, Cremona, Brescia, Parma, Reggio Emilia, Torino, Verona, Mantova, Vicenza, Modena, Bologna e numerosi centri minori. Costruendo per primo i metanodotti Mattei escluse per sempre la concorrenza delle altre società e ci assicura notevoli mezzi finanziari che gli sono assai utili per potenziare l’AGIP, ponendo così di fatto le fondamenta per la nascita dell’ENI
Ancora nessuno, in Italia, si è reso conto appieno delle potenzialità economiche del metano e nessuno comprende l’importanza della costruzione dei metanodotti. Chi li aveva costruiti per primo si era automaticamente costruito l’esclusiva della distribuzione del gas e di conseguenza avrebbe avuto a disposizione una formidabile fonte di autofinanziamento. Quando gli industriali privati se ne resero conto, incominciarono a bombardare l’opinione pubblica accusando l’AGIP di eccessivi profitti e di danneggiare, o quanto meno di ritardare, lo sviluppo economico del paese.
Ma oramai è tardi e la fondazione di un ente pubblico per gli idrocarburi una logica conseguenza: l’ENI è ormai di fatto già nata. La legge istitutiva dell’ENI è approvata il 21 gennaio 1953, la nuova legge prevedeva la creazione di un ente di diritto pubblico, raggruppante tutte le partecipazioni dello Stato nel settore petrolifero. Ad esso venivano riconosciute due esclusive: la ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi nella pianura Padana e in una larga fascia della costa adriatica; la costruzione e l’esercizio delle condotte per il trasporto degli idrocarburi minerali nazionali. Il nuovo ente poteva ricercare, estrarre, lavorare, trasportare, utilizzare, commerciare gli idrocarburi e i vapori naturali. Prima ancora di assumere la carica di Presidente dell’ENI, Mattei il 4 marzo 1953 rinunciò al mandato parlamentare e inviò questa lettera al Presidente della Camera dei Deputati.
“Onorevole Presidente, la legge sulle incompatibilità parlamentari, ora promulgata, mi impone di scegliere tra l’ufficio di deputato e le cariche da me ricoperte nelle aziende statali che si occupano di ricerche petrolifere. Ritengo mio dovere non abbandonare le imprese alle quali ho dedicato negli ultimi anni, con grande amore, la maggior parte delle mie forze. Quantunque i risultati conseguiti dall’attività ripresa dopo l’ultima guerra nel campo degli idrocarburi siano ragguardevoli e confortanti, molto resta da fare per consolidare e ampliare le opere e le iniziative che sicuramente contribuiranno al migliore assetto dell’economia nazionale e daranno agli enti di Stato l’orgoglio di aver aperto nuovi e impreveduti orizzonti al lavoro e alla tecnica.
Risolvo pertanto di rinunciare al mandato parlamentare non senza un profondo rammarico: ma, nel medesimo tempo, con la fiducia di potere così assolvere ad altre responsabilità nell’interesse del Paese. La prego, signor Presidente, di prendere atto delle dimissioni che ho l’onore di rassegnarle e di accogliere l’espressione del mio deferente e memore ossequio.
Enrico Mattei”.
La nuova legge sull’incompatibilità era stata approvata dal Parlamento poco tempo prima, su proposta di alcuni deputati democristiani. A seguito della stessa legge anche Giorgio La Pira, quasi nello stesso periodo era costretto a dimettersi, preferendo restare Sindaco di Firenze. Lo scontro sulla istituzione dell’ENI aveva fatto comprendere a Mattei che la maggioranza dei deputati del suo partito non era ancora pronta ad inoltrarsi verso una seria politica di riforma e che la normale attività legislativa non era il mezzo più idoneo per concretizzare le sue istituzioni di politica sociale; se voleva concludere qualcosa di valido e farlo in tempi accettabili era più opportuno muoversi nel campo industriale, qui gli spazi di manovra restavano sicuramente ancora molto ampi. Fuori del Parlamento poteva muoversi con maggiore libertà, ed era lontano dai controlli dei partiti d’opposizione e dai controlli ancora più rigidi dei colleghi del suo partito. La struttura dell’ENI gli consentiva una notevole libertà d’azione, il Parlamento non poteva condizionarlo in alcun modo.
Mattei si trovava ora a capo di un gruppo industriale nel quale lavoravano quasi 10 mila persone, ma l’azienda era completamente sprovvista di un capace gruppo dirigente. Mattei riesce a costituirlo in un solo anno; si procura tecnici giovani scelti personalmente, provenienti dalle migliori Università italiane. Tra questi collaboratori c’erano Eugenio Cefis, conosciuto durante il periodo della resistenza; Raffaele Girotti, come lui matelicese – Girotti era stato il principale artefice della realizzazione della maggior parte dei metanodotti costruiti dalla SNAM – Carlo Laumatti, Paolo Falaschini, Pietro Sette, Franco Briatico, Enrico Gandolfi, Gaetano Baldacci.
È molto difficile cercare di comprendere quali fossero le caratteristiche sulle quali si basavano le capacità imprenditoriali di Mattei; la sua forte personalità era influenzata più dall’istinto e dall’intuizione che da una preparazione scientifica che, come abbiamo visto, in gran parte gli mancava.
A volte quelle intuizioni, potevano sembrare complesse e a volte eccentriche, ma con il tempo si dimostravano giuste ed efficaci. Era un “imprenditore stratega” e affrontava ogni complesso problema usando la tattica dei piccoli scontri continui, alla fine dei quali riusciva a realizzare un disegno completo ed organico.
Mattei era essenzialmente un innovatore; si occupava sempre personalmente di tutti i nuovi progetti e riusciva a seguirli anche nei particolari più insignificanti. Egli riteneva che l’Italia, durante il fascismo, avesse accumulato un gravissimo ritardo e questo rendeva necessario un grande sforzo d’innovazione tecnologica, commerciale, produttiva e organizzativa. Curava con molta attenzione l’immagine dell’ENI: fossero i messaggi pubblicitari, le dichiarazioni pubbliche, i colori delle stazioni dell’AGIP, o il colore delle automobili del gruppo. Mattei, come tutti gli innovatori, era un accentratore. Sapeva che non tutti credevano nelle sue idee, e che molti dubitavano che esse potessero essere in quei tempi realizzabili, per questo motivo era costretto ad operare uno stretto controllo per essere sicuro che lo sforzo non si interrompesse e per mantenerlo costante durante ogni fase della realizzazione del progetto.
Gli anni passati da Mattei alla guida dell’ente furono così frenetici che è difficile ricostruire le attività e le iniziative da lui intraprese. Subito i maggiori sforzi furono indirizzati nel miglioramento della rete distributiva del gruppo. La strategia utilizzata per la vendita del metano fu ripetuta anche con la benzina. Nel 1953 le stazioni di rifornimento erano anonime e ridotte all’essenziale; Mattei volle che le “pompe” dell’AGIP fossero di facile riconoscimento. Seguì personalmente la progettazione delle stazioni di rifornimento e le completò con un gran numero di servizi accessori: assistenza meccanica, bar, ristorante, servizi igienici. Inventò un nuovo simbolo per l’AGIP, perché riteneva quello vecchio troppo anonimo e modesto. Scelse il famoso cane a sei zampe, che gli sembrava più adatto a dare l’immagine della modernità e della velocità della sua azienda. Furono eugualmente sue le scelte per il nome e il motto della nuova benzina prodotta dall’AGIP: “Supercortemaggiore, la potente benzina italiana”.
In quegli anni la vendita dei carburanti era limitata dallo scarso numero dei mezzi in circolazione e la disastrosa situazione della rete stradale italiana non invogliava di certo l’aumento delle automobili. Per modificare questa situazione l’ENI lanciò l’idea della costruzione di una nuova ed efficiente rete autostradale. Insieme alla FIAT, l’Italcementi e la Pirelli fu fondata una nuova società la SISI, che in poco tempo preparò un progetto per la costruzione dell’Autostrada del Sole, il progetto fu subito ceduto allo Stato e l’I.R.I. fu incaricato di portarlo a compimento.
L’Aumento delle vendite di carburante riproponeva continuamente al Presidente dell’ENI il suo cruccio più grande: la mancanza di petrolio. Proprio quando l’ENI incominciò ad operare la maggior parte dei giacimenti petroliferi erano controllati dalle grandi compagnie internazionali, pertanto l’ENI per sopravvivere aveva a disposizione solo due possibilità: o avere idrocarburi propri da raffinare e vendere, o acquistare il greggio dalle grandi compagnie e dipendere da esse. Mattei fu costretto a scegliere questa seconda strada. L’ENI raggiunse un vantaggioso accordo con l’Anglo – Persian (23) per la fornitura del greggio e la raffinazione nello stabilimento di Venezia, che era di proprietà dell’ENI e della stessa Anglo – Persian.
L’anno 1955 segnò per Mattei l’inizio di una nuova sfida: quella della petrolchimica. Nella primavera di quell’anno Angelo Fornara, giovane ingegnere della Edison, chiese a Mattei una grossa fornitura di metano. Fornara voleva sfruttare l’idrogeno contenuto nel metano per produrre ammoniaca e con questa fertilizzanti azotati. Partendo dal metano aveva calcolato una riduzione dei costi del 30 per cento
Mattei fu subito affascinato dal progetto, non concesse il metano, ma propose a Fornara la direzione del più grande complesso petrolchimico italiano che l’ENI voleva realizzare a Ravenna, per sfruttare i grandi giacimenti di metano da poco scoperti dall’AGIP. I lavori iniziarono nel 1956; una volta terminato l’impianto sarebbe stato in grado di produrre 60 mila tonnellate di gomma e 750 mila tonnellate di fertilizzanti l’anno. La guerra della chimica tra Montecatini, Edison ed ENI era incominciata. L’Edison, subito dopo, realizzò due nuovi stabilimenti uno a Mantova e uno a Priolo. L’ENI rispose con l’impianto di Gela. La Montecatini concentrò tutte le sue risorse nella realizzazione dell’impianto di Brindisi. Le tre società misero in campo nella sfida tutte le loro potenzialità economiche e tecniche. L’ENI ebbe il sopravvento perché sbagliò meno mosse degli avversari. Il risultato di questo scontro fu sconcertante: la Montecatini a causa dei molti errori commessi a Brindisi, crollò e fu assorbita dall’Edison. Mattei era riuscito a far diminuire il prezzo del fertilizzante chimico, artificiosamente tenuto alto dall’industria privata.
Il 1957 segnò per Mattei l’inizio della fase più aspra del contrasto con le grandi compagnie petrolifere. La prima avvisaglia dello scontro fu l’accordo con il premier egiziano Nasser per i permessi di ricerca per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi di El Belaym, nel deserto del Sinai e poco dopo il nuovo accordo con il governo iraniano. Precedentemente le società petrolifere per ottenere permessi di ricerca dovevano pagare una modesta quota iniziale e un canone di affitto per il terreno incluso nella concessione. Dopo il rinvenimento del giacimento, si stabilivano ulteriori somme; queste variavano in rapporto alla dimensione del giacimento: le cosiddette royalties. Dopo la crisi di Massadeq fu raggiunto un nuovo accordo per il pagamento della royalties. Mattei modificò sostanzialmente questo di accordo. Con la Persia fu costituita una società mista italo-iraniana denominata SIRIP, con capitale sottoscritto in parte euguali dall’AGIP Mineraria e dall’ente petrolifero iraniano NIOC. Alla nuova società erano stati attribuiti tre permessi di ricerca: uno nel Golfo Persico, il secondo sui monti Lagras e il terzo sulla Costa del mare di Oman.Lo Stato iraniano avrebbe ricevuto in cinquanta per cento degli utili netti della Società a titolo di royalties, imposte e tasse; l’utile restante doveva essere diviso in parti euguali tra i due soci. L’accordo rivestiva una grande importanza per i due paesi. L’Italia, per la prima volta, riusciva ad ottenere delle concessioni in Medio Oriente, la regione più ricca di petrolio del mondo. L’Iran, prima tra i paesi medio-orientali, riusciva ad entrare in partecipazione con una società petrolifera occidentale su un piano di parità. Il periodo di tempo compreso tra gli anni ’54-58 videro il tentativo della costituzione di un ente nazionale per l’energia, Mattei voleva inglobare in un’unica azienda pubblica più settori energetici: petrolio, metano, vapori naturali, energia elettrica, energia atomica. I tecnici dell’ENI volevano continuare a sviluppare l’attività petrolifera dell’ente fino a farlo diventare una grande multinazionale del petrolio e nello stesso tempo in Italia volevano impegnarlo in tutti i campi della produzione dell’energia e quindi renderlo fautore di ogni ulteriore sviluppo economico del paese.
Nel 1953 Mattei aveva tentato la via della geotermia, costituendo insieme alla Finelettrica, la Società Italiana Forse Endogene (SIFE). La nuova società, in cinque anni, e con un investimento di due miliardi di lire, doveva incrementare la ricerca nel settore; ma il mancato accordo sul prezzo di vendita dell’energia elettrica prodotta con i vapori naturali fece fallire il progetto e la SIFE fu subito sciolta (1954).
Subito dopo, 1957, l’ente statale si interessò, nel campo dell’energia alternativa, all’energia nucleare; proprio in quell’anno si iniziò la costruzione della centrale nucleare di Latina. Pochi riuscivano a capire perché l’ENI, in un periodo in cui l’offerta di petrolio era abbondante ed il costo bassissimo, si interessasse all’energia atomica. Mattei indicò in varie occasioni l’esigenza di sviluppare una politica energetica coordinata che doveva toccare tutti gli aspetti della produzione d’energia; questa volta non fu ascoltato. Forse perché non affrontò l’argomento con la sua consueta irruenza, preferendo delegare il suo progetto ai politici. Lo stesso Fanfani appoggiò la sua iniziativa.
Nel dicembre del 1959 Mattei, segretamente, incontrò il presidente di una delle “sette sorelle”, molto probabilmente doveva trattarsi di Eugene Holman presidente della ESSO. Mattei in quell’incontro offrì la compartecipazione al progetto per la costruzione dell’oleodotto Genova-Ingolstad e la realizzazione della raffineria in Marocco. Su ambedue le offerte ottenne un netto rifiuto. Dopo quel burrascoso incontro la lotta tra Mattei e le “sette sorelle” si inasprì maggiormente. L’acquisto di rilevatissime quantità di petrolio russo da parte dell’ENI scatenò durissime reazioni in Italia e all’estero.
La Russia fino ad allora aveva utilizzato il suo petrolio a solo uso interno, ma nel 1950 furono rinvenuti nuovi giacimenti sui monti Urali sovraeccedenti il consumo nazionale, Mattei era alla continua ricerca di petrolio al minor costo possibile; la Russia gliene offrì molto e ad un prezzo estremamente conveniente. Acquistandolo Mattei risparmiava grosse somme e allentava il condizionamento delle “sette sorelle” sull’ENI L’URSS era disposta a fornigli molti milioni di tonnellate di greggio, il 16% del nostro fabbisogno in quegli anni, il contratto prevedeva forniture a lungo termine con scadenze precise. L’ENI in cambio del petrolio forniva all’URSS un’ingente quantità di prodotti industriali: gomma, fertilizzanti, tubi d’acciaio; prodotti che uscivano dagli impianti di Ravenna e che dovevano essere collocati con sempre più fatica sul mercato. Per di più anche le industrie meccaniche del gruppo, come ad esempio la SNAM e il Nuovo Pignone, vennero incluse come fornitrici da parte italiana e da ciò esse trassero indiscutibile giovamento.
L’intervento dell’azienda di Stato nel mezzogiorno avvenne con ritardo, nel 1957, subito dopo l’approvazione delle leggi speciali per il sud. L’ENI non aveva trovato le condizioni necessarie per intervenire in Sicilia, la regione meridionale più promettente sotto il profilo di vista minerario, perché poco tempo prima della sua istituzione, la Regione Sicilia aveva approvato una nuova legge mineraria che aveva assicurato alle compagnie petrolifere americane la concessione delle zone di ricerca più promettenti. Invece nelle altre regioni meridionali non erano stati avviati ancora studi geologici approfonditi. La legge n.674, del 29 luglio 1957, obbligava tutte le industrie statali a destinare al Meridione almeno il 40% dei loro investimenti.
L’ENI non potendo intervenire massicciamente nel settore minerario, elaborò un piano d’intervento quadriennale (luglio 1957 – giugno 1961) comprendente attività diversificate: minerarie, chimiche e nucleari.
Una delle principali realizzazioni fu l’impianto petrolifero di Gela che era stato progettato per lavorare un milione e 700 mila tonnellate di petrolio greggio ogni anno. Questo veniva trasformato in 215 mila tonnellate di benzina, 600 mila tonnellate di olio combustibile, 225 mila tonnellate di gasolio, 200 mila tonnellate di acido solforico. Il piano prevedeva anche la costruzione di un secondo impianto petrolchimico del costo di 27 miliardi che doveva produrre: politene, ossido di etilene, propilene e glicoli.
L’interesse di Mattei per lo sviluppo del meridione non dipendeva soltanto da obblighi politico-legislativi ma era profondamente radicato nella sua personalità. Mattei vedeva nel sud un luogo nel quale l’applicazione del suo sforzo di sviluppo poteva sollecitare energie sopite e cambiare, con il livello di reddito e l’emancipazione sociale delle masse meridionali, anche il loro carattere.
“Amici miei, anch’io vengo da una provincia povera, da un paese povero come il vostro… noi non porteremo via niente. Tutto quello che è stato trovato, che abbiamo trovato è della Sicilia e il nostro sforzo è stato fatto per la Sicilia e per via… Noi lavoriamo per convinzione, con la convinzione che il nostro paese e la Sicilia e la vostra provincia possono andare verso un maggior benessere: che ci possa essere lavoro per tutti e si possa andare verso una maggiore dignità personale, una maggiore libertà. Amici miei, io vi dico solo questo: noi ci sentiamo impegnati con voi per quanto c’è da fare in questa terra (fu interrotto, e riprese). Amico mio io non so come lei si chiama, ma anche io ero povero come lei; anch’io ho dovuto emigrare perché il mio paese non mi dava lavoro; sono andato al Nord e adesso dal Nord stiamo tornando al Sud con tutta l’esperienza acquistata. Noi ci impegnammo con le nostre forze, con tutte le nostre conoscenze, con i nostri uomini, a dare tutto il nostro contributo necessario per lo sviluppo e l’industrializzazione della Sicilia e della vostra Sicilia. Io vi devo chiedere – come ho già chiesto al Sindaco – scusa di non essere venuto prima. Ma ci sono gli impegni che abbiamo in tutto il mondo… Ora su questo (sulle riserve di gas) si deve innestare un successivo lavoro, si devono innestare industrie che dovranno portare in questa zona benessere e ricchezza”.
Mattei si sentiva attratto, più dal sentimento che dalla ragione, verso i paesi in via di sviluppo, verso quelle popolazioni e quei movimenti che, anche con le armi, tentavano di riconquistare la libertà.
Il processo di decolonizzazione stava mettendo in seria difficoltà i vecchi imperi industriali; questi erano ritenuti responsabili della costituzione del fenomeno coloniale e di averlo mantenuto in vita per secoli. La classe politica italiana e la sua industria erano stati toccati soltanto marginalmente dal fenomeno, ed ora, avevano la possibilità di occupare gli spazi che venivano lasciati liberi.
Mattei incominciò ad intessere rapporti con i popoli del terzo mondo subito dopo la nascita dell’ENI. La prima grossa commessa estera fu la costruzione dell’oleodotto egiziano, seguì la vendita di sofisticate tecnologie, prodotte dalla SNAM e poi del Pignone, al Pakhistan e a molti altri paesi africani. È anche da ricordare che il primo accordo petrolifero integrale fu stipulato con il Marocco, questo partiva dalla ricerca dei giacimenti petroliferi e giungeva fino alla costruzione degli impianti per la vendita dei prodotti finiti.
La politica internazionale dell’ENI non fu frutto del solo pensiero di Mattei, alla sua organica formulazione diedero determinanti contributi: Boldrini, Bo, Gronchi e La Pira.
Le scelte di politica terzo mondista dell’ENI provocarono tenaci reazioni negative; si temeva infatti che esse avessero potuto disturbare in qualche modo la politica atlantista ed europeista che il governo italiano portava avanti in quegli anni con molto impegno.
Dalla fine del secondo conflitto mondiale le compagnie petrolifere nazionali e indipendenti si erano conquistate un sempre maggiore spazio nel mercato petrolifero mondiale, oramai non era più possibile che questo fosse governato solamente dagli interessi delle grandi compagnie petrolifere; era necessario procedere alla formulazione di nuovi accordi politici ed economici fra i paesi produttori e i paesi consumatori. Per Mattei era impensabile che tutto il sistema petrolifero, già minato da gravi instabilità, potesse continuare a reggersi ancora a lungo. Sapeva che la trasformazione, che si andava fin da allora avviando, avrebbe avuto bisogno di tempi molto lunghi. Il passaggio del controllo dei giacimenti dalle compagnie internazionali ai paesi produttori sarebbe avvenuto con grande difficoltà e con grandi tensioni, questo processo era necessario e inarrestabile e prima o poi qualcuno avrebbe cercato di approfittare della situazione di incertezza per strumentalizzarla a suo vantaggio. Mattei si mise all’opera immediatamente per creare le premesse affinché l’Italia conquistasse un suo ruolo al tavolo delle trattative, non voleva e non poteva attendere di essere invitato; voleva presentarsi come protagonista per difendere le esigenze energetiche del nostro paese.Una politica rigorosamente anticolonialista, la critica ferma e decisa all’assetto del mercato internazionale del petrolio, una aperta e leale collaborazione con i paesi in via di sviluppo, gli sembrarono gli strumenti più adatti per raggiungere tale scopo.
“Noi crediamo nell’avvenire del nostro Paese; abbiamo fede nelle sue possibilità di miglioramento, nelle sue capacità di sviluppo e di progresso; sentiamo il dovere di lavorare, in tutta la misura delle nostre forze, per costruire giorno dopo giorno l’edificio della libertà e della giustizia in cui vogliamo vivere in pace e che soprattutto vogliamo preparare per le nuove generazioni, nella speranza che esse non debbono mai patire la dolorosa esperienza che noi abbiamo sofferto.
Ma noi sappiamo anche che altri anelano alla libertà e alla giustizia e sappiamo che soffrono e muoiono per esse.
Per questo noi condividiamo una più ampia visione dei problemi e dei rapporti umani che si allarga dagli individui ai popoli. Alla luce di essa le tradizionali barriere costruire per la difesa degli interessi particolari, o anche solo giustificati da una augusta visione del mondo, dovranno cadere nel riconoscimento dell’identica e universale parità dei diritti degli uomini alla vita e al benessere.
Storicamente la competizione fra i popoli che si è venuta trasformando dal terreno strettamente politico a quello economico, può e deve rimanere una competizione pacifica.
Essa impone però l’esclusione di ogni forma di ricatto o di intimidazione e non è compatibile con le ingerenze indebite dei paesi economicamente più forti nella vita interna di quelli più deboli. Solo così l’auspicata cooperazione internazionale potrà attuarsi e costituirà un vero aiuto per i popoli economicamente depressi a conseguire un livello di vita degno e giusto.
Non mancano purtroppo anche nella storia recente esempi di come il mondo si orienti a fatica verso questa nuova concezione. Bisogna fare in modo che il colonialismo, ormai universalmente condannato, sia soltanto un triste ricordo, un triste ricordo del passato, e non resista o cerchi di sopravvivere sotto diverse ma non meno gravose forme”.
Negli anni sessanta l’ENI era cresciuta con un ritmo molto sostenuto, conseguentemente per agevolare tale crescita erano stati avviati rilevanti investimenti che non erano ancora entrati nella fase produttiva. La rendita del metano, da sola, non era più sufficiente per finanziare le complesse attività dell’ente, il petrolio trovato in Iran e in Egitto incominciava a pervenire in Italia, ma le casse dell’ENI non ne trovavano ancora giovamento.
Ai “naturali” nemici dell’Azienda di Stato e del suo presidente, se ne erano aggiunti di nuovi; l’O.A.S. aveva minacciato già diverse volte la vita di Mattei.
Sempre in quegli anni molte rilevanti novità si annunciavano anche sul terreno politico.
La Democrazia Cristiana si stava avvicinando seriamente al Partito Socialista e di li a poco sarebbe nato il primo governo di centro-sinistra. Mattei giudicava positivamente il centro-sinistra e tale posizione gli aveva procurato difficoltà nei rapporti con alcuni suoi collaboratori.
Gli attacchi della stampa avversaria erano sempre duri, nel luglio del 1962 Montanelli sulle pagine del “Corriere della Sera” aveva avviato quasi una crociata contro l’ENI, ma anche queste erano situazioni già note a Mattei e attraverso il giornale del gruppo aveva sempre saputo neutralizzare tutti gli attacchi. Mattei stava preparando l’ennesimo grande “colpo”, un fatto sensazionale che avrebbe stupito ancora una volta i suoi avversari: l’accordo con la ESSO. Un accordo pienamente soddisfacente per ambedue le compagnie. L’ENI avrebbe avuto finalmente accesso al petrolio mediorientale e la ESSO avrebbe allontanato la società italiana dall’influenza russa. Tutto era pronto, Mattei sarebbe andato negli Stati Uniti per firmare l’accordo, per incontrare il presidente Kennedy e per ricevere una laurea “ad honorem” dall’Università di Stanford.
Mattei si proponeva ancora tre anni di lavoro per poter consolidare la politica di sviluppo faticosamente elaborata con il gruppo dirigente dell’ENI. Terminato tale periodo, avrebbe abbandonato la presidenza dell’ENI e si sarebbe ritirato a pescare. Il destino non volle far realizzare questo suo programma. In una nebbiosa notte d’autunno, a pochi chilometri da casa, un sabotaggio al suo aereo mise fine alla sua straordinaria avventura umana. Sono già passati trent’anni da quella notte e ci sembra opportuno iniziare un serio lavoro di analisi del suo operato, dei suoi modelli di sviluppo che hanno così significativamente caratterizzato l’industrializzazione del nostro paese.
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